La tecnologia Carboxen® consente di studiare l’origine dei pianeti e di migliorare la qualità della vita sulla terra
Prima che l’alba facesse capolino nei cieli di Cape Canaveral la mattina del 15 ottobre 1997, Cassini ha cominciato il suo viaggio lungo 7 anni e 2,1 miliardi di miglia per esplorare il sistema di Saturno. A bordo, la sonda Huygens, costruita come un mollusco, avrebbe tentato il primo atterraggio della storia su Titano, una delle gelide lune di Saturno. Scopo della missione: raccogliere informazioni sui misteri degli anelli di saturno e sulle loro lune e, chissà, farsi qualche idea sulle origini del nostro sistema solare.
Nel cuore di Cassini e della sonda Huygens piccole sferette di carbonio erano pronte a raccogliere e a concentrare i gas per le successive analisi. Questi “astronauti” Carboxen®, fuoriusciti dal portfolio Supelco®, erano pronti ad andare con sprezzo del pericolo là dove nessuna tecnologia di adsorbimento era mai stata prima e le informazioni da loro raccolte avrebbero cambiato le teorie fondamentali sulla nascita del nostro sistema solare.
La sonda Huygens protetta nel suo modulo di discesa. Credit e Copyright: Agenzia Spaziale Europea
Quando la NASA chiama, tu rispondi
“Questo non era il nostro primo progetto di collaborazione con la NASA e non sarebbe stato l’ultimo” spiega William “Bill” R. Betz, capo del gruppo di ricerca Particle Design di Merck. “La nostra tecnologia Carbosieve è stata utilizzata nelle missioni Voyager e ha fornito una enorme quantità di informazioni sulla chimica delle atmosfere dei pianeti. Ma per questa missione abbiamo dovuto portare a un altro livello la tecnologia degli adsorbenti a base di carbonio.”
“La NASA doveva identificare un gran numero di gas e di isotopi elementali con una tecnologia che fosse abbastanza robusta per resistere a forze g elevate e all’aggressione chimica da parte dell’atmosfera di Titano ricca di metano e di sostanze organiche. Naturalmente, abbiamo colto l’occasione al volo; l’intero team era determinato a ideare una soluzione in grado di soddisfare tutte le esigenze della NASA.”
La tecnologia Supelco® sarebbe stata impiegata in due analizzatori. Lo spettrometro di massa ionico e neutro (INMS) su Cassini utilizzava Carboxen® 1004, uno strato multiporoso, altamente ingegnerizzato e meticolosamente uniforme di sferette di carbonio, per l’analisi degli isotopi dell’idrogeno e di idrocarburi a breve catena. I risultati sarebbero stati usati per affinare la teoria del Big Bang e per cercare indicatori di forme di vita.
Il gascromatografo-spettrometro di massa (GC-MS) sulla sonda Huygens conteneva Carboxen® 1017, un setaccio molecolare di carbone grafitizzato. Questa tecnologia sarebbe stata essenziale nelle 2,5 ore di discesa verso la superficie di Titano, quando avrebbe raccolto e concentrato campioni durante la caduta, prima di passare 72 minuti a raccogliere dati sulla superficie di questa luna.
“L’eccitazione nella stanza era palpabile quando abbiamo esaminato i risultati,” ricorda Betz. “Huygens ha stabilito che i principali gas dell’atmosfera di Titano erano azoto e metano. Grazie alla determinazione dei rapporti tra gli isotopi del carbonio e dell’azoto e notando l’assenza di gas nobili, a parte l’argon, è stato possibile ricostruire l’atmosfera di Titano. Ciò ha prodotto dati opposti a quelli determinati su Venere e Giove e ha giovato a un maggior confronto sulla formazione dei pianeti.
“È sorprendente pensare che i dati raccolti su Titano potrebbero plasmare la nostra percezione del sistema solare,” dice Betz. “Ora sappiamo che metano ed etano piovono da nuvole e si raccolgono in fiumi e laghi ai poli e che la superficie solida è costituita da acqua ghiacciata ricoperta da sabbie di idrocarburi che cadono dall’atmosfera. Tutto ciò contribuisce a dipingere un quadro alquanto accurato dei primi giorni della formazione della terra.”
Fino alla ISS e oltre...
Cassini ha portato a termine la sua missione finale orbitando intorno a Saturno, tra l’atmosfera e gli anelli, prima di precipitare sul pianeta, continuando a trasmettere dati prima di prendere fuoco come un meteorite e di diventare parte del pianeta stesso.
Ma ciò non ha rappresentato la fine dei Carboxen nello spazio. Nel 2018, la NASA ha chiamato di nuovo, questa volta per una missione di monitoraggio in miniatura dell’atmosfera a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Nel corso della collaborazione con il Jet Propulsion Laboratory della NASA, a Merck è stato chiesto di fornire il preconcentratore per un sistema MEMS PCGC (preconcentratore-gascromatografo basato sulla tecnologia dei sistemi microelettromeccanici). Questa tecnologia avveniristica avrebbe fornito analisi essenziali sui principali costituenti e sui gas in tracce a bordo dell’ISS, nelle attività extra-veicolari e all’interno delle tute spaziali.
“Questo sviluppo ha richiesto un enorme balzo in avanti dal punto di vista tecnologico,” ricorda il Dr. Leidy Peña Duque, Senior Scientist, Adsorption Technologies. “La NASA voleva migliorare i sistemi per il monitoraggio dell’aria allora disponibili sotto quasi tutti gli aspetti: unità più piccole e leggere, monitoraggio più frequente e funzionamento in continuo. Gli astronauti dipendono dai dati prodotti da questi sistemi; anche lievi squilibri nei rapporti tra i gas costituenti l’atmosfera possono provocare rapidamente serie conseguenze. Le nostre tecnologie dovevano essere a prova di errore e nello stesso tempo soddisfare un’intera gamma di obiettivi di rendimento.”
Il team ha usato Carboxen 1000, un monostrato di sferette di carbone sintetico ad alta purezza di dimensioni comprese tra 177 e 250 µm e con pori aventi un diametro di soli 10 – 12 Å. Questo sottile monostrato su un chip non più grande di una monetina concentra i gas di 4.000 volte, un bel passo avanti rispetto alle capacità dei sistemi precedenti.
“Questo nuovo sistema misura la concentrazione dei gas principali ogni due minuti, fornendo quasi in tempo reale l’immagine dell’atmosfera che entra nei polmoni degli astronauti,” spiega Duque. “I precedenti sistemi potevano effettuare letture solo ogni 3-5 ore e, per giunta, ora la NASA è nelle condizioni di determinare i gas in tracce ogni settimana. Il volume di questo affidabile accompagnatore è un terzo di quello dei suoi predecessori; inoltre, esso produce i dati automaticamente. Gli astronauti sanno esattamente cosa stanno respirando e se qualche parametro dovesse cambiare potrebbero intervenire immediatamente.”
Dallo spazio alla cura del cancro e molto altro ancora
“Queste sferette a base di carbonio possiedono un così grande potenziale e svolgono ruoli altrettanto importanti qui sulla terra,” continua Duque. “Poiché vengono sintetizzate in laboratorio, hanno una purezza e un profilo morfologico di gran lunga superiori rispetto al carbone attivo di origine naturale e possono essere utilizzate anche nei processi di purificazione più difficili.”
I Carboxen sono ora impiegati nella produzione di biofarmaci innovativi; le applicazioni più recenti sono la purificazione di anticorpi monoclonali (mAb) per il trattamento del cancro e di malattie autoimmuni. Le proteine delle cellule ospite (HCP) sono un bioprodotto della produzione di mAb; se non vengono rimosse dal prodotto finale, possono causare una risposta immunitaria avversa nei pazienti. Le HCP a basso peso molecolare sono particolarmente difficili da rimuovere a causa delle loro proprietà fisicochimiche e del binding aspecifico con gli anticorpi. Inoltre, nelle fasi upstream del processo si generano condizioni di pH e di conducibilità altamente variabili che rendono inutilizzabili numerosi processi di purificazione.
“Essendo le caratteristiche dei Carboxen altamente personalizzabili, essi possono essere utilizzati anche per purificazioni in condizioni di pH e di idrofilia o idrofobia estreme; questi materiali sono così efficaci da poter rendere superflua la purificazione mediante scambio ionico nelle fasi downstream. Tutto ciò potrebbe rappresentare una svolta per quanto riguarda la sicurezza e l’efficacia degli mAb.”
“Questo è solo l’inizio del viaggio dei Carboxen ed essi costituiscono soltanto un elemento dell’ampio assortimento a marchio Supelco® per quanto concerne la tecnologia del carbonio,” continua Duque. “Attualmente stiamo studiando il loro impiego come supporto per i catalizzatori a base di metalli preziosi in applicazioni riguardanti la capacità delle batterie. Grazie alla precisione dei Carboxen, siamo in grado di ridurre la quantità di metalli preziosi necessaria, il che si rivelerà essenziale perché queste risorse limitate sono essenziali per la transizione verso un trasporto e uno stoccaggio energetico più sostenibili.”
I Carboxen hanno svolto un buon servizio nello spazio, roteando su Saturno e analizzando diligentemente l’aria respirata dagli astronauti. Ma visto che continuano la loro missione qui sulla terra, purificando terapie salvavita contro il cancro e alimentando la rivoluzione verso un’energia sostenibile, sappiamo che questi sono solo i primi passi del loro viaggio. Dove potrebbero portarci ancora queste sferette a base di carbonio?
I prodotti Supelco® tornano nello spazio
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